Dopo aver visto il video del bullo di Lucca che oltraggia in maniera indecorosa il suo docente e aver letto diversi articoli e discussioni a riguardo, mi interrogo su una delle contraddizioni più ipocrite e schizofreniche della scuola italiana:
che senso ha organizzare i corsi di educazione alla legalità, la memoria di Falcone e Borsellino, le giornate del ricordo e tante altre encomiabili iniziative, quando in molte scuole italiane, se si verificano dei reati (furti, ingiurie, bullismo e violenze di vario genere), i primi a non voler denunciare all’autorità competente (e quindi a non rispettare la legge) – e lo dico per esperienza personale – sono, molto spesso, proprio gli insegnanti?!?
L’argomento che ho ascoltato più di frequente è quello per cui il docente rivendica di voler essere innanzitutto un educatore e non un (infame) inquisitore “perché gli studenti non vanno criminalizzati ma educati”…
Fermo restando che la legge italiana obbliga il pubblico ufficiale che, nello svolgimento del suo incarico è testimone o viene a conoscenza di comportamenti che configurino ipotesi di reato, a riferire all’autorità giudiziaria, mi domando:
– ma quelli che ritengono che sia meglio non denunciare perché dietro a uno studente che compie un gesto come quello del bullo di Lucca ci sta probabilmente una storia familiare complicata e che il ragazzo vada compreso, ascoltato e non criminalizzato, avrebbero lo stesso scrupolo e farebbero la stessa sofisticata riflessione davanti a uno stupro o anche, più prosaicamente, al giovanissimo zingaro che ti ruba l’automobile?
– E soprattutto: ma siamo sicuri di aiutarli veramente questi ragazzi insegnandoli sin da subito la pratica dell’omertà e iper-proteggendoli da tutto e da tutti?